Responsabilità

L’11 febbraio raggiungevo il traguardo dei 1000 “mi piace” sulla pagina di Facebook dedicata alla “Mela”, e scrivevo questa riflessione:

Mille persone che ti seguono sono una responsabilità. Grazie a quanti in questi giorni stanno leggendo i racconti e ‒ anche attraverso la pagina ‒ dialogano con me, mettendo i loro mondi a contatto col mio. È una meraviglia il modo in cui mi aiutano a capire meglio il libro. A vederlo coi loro occhi. Mi sbaragliano di stupore quando mi rivelano l’effetto che procura. Ma è un perturbarsi reciproco, e di questo sono grato. Mi rasserena che il testo non rimanga in superficie. E mi innamora poter scoprire ogni giorno nuovi nomi che si aggiungono (eh sì, lo ammetto: la sera guardo tutti i profili, per conoscervi un po’, e scoprire quanto desiderio fermenta ovunque). Posso solo sperare che le parole che offro alla lettura siano abbastanza. Posso solo limarle ossessivamente per renderle bellezza per il tempo che attraversano. Perché la bellezza, credo, è una delle poche cose capace di aprire un varco nella rete. E se non lo apre, almeno ti rende capace di (r)esistenza. Il fatto è tutti abbiamo ombre che ci accompagnano, dentro e fuori; dar loro forma è un senso per la scrittura: «Turning shadow into transient beauty» (T. S. Eliot); «We work in the dark, we do what we can, we give what we have. […] The rest is the madness of art» (H. James); «All art is quite useless» (O. Wilde).