Insonnia

Non riesco e non voglio dormire. Il sonno è per gli sconfitti, gli sfiniti, gli eterei. Io sono carne che morde, e cumuli di febbre. Vorrei che la raccogliessi come una coppa, un tabernacolo, una conchiglia fumosa. Dovrei poterti gridare dentro, fino a spegnerla. Fino a spegnerla.

Senza titolo

La bellezza che irrompe e non dura, il rapido sorriso, l’amore che a cicli lunari si alterna a notti mute; e i volti istantanei, le tante maschere che nella parata quotidiana sposti col fiatone per tenere come in una rete le molecole che dentro si espandono; e ognuna è un mondo che non riesci a fermare, il coccio di un vaso caduto, e ogni coccio ha la sua iscrizione, tante frasi di un romanzo che la vita permuta nella propria cornice.

Mal di testa

A volte mi chiedo se l’emicrania non sia un ricordo soppresso ‒ come quella domenica svanita cui avrei dovuto dirti “stai qui” ‒ che preme sulle pareti per rinnovare il taglio, e compensare nel danno l’errore o l’amore di un giorno di gioco umano; o piuttosto un desiderio inespresso, così proibito da restare impronunciato, così privo di labbra e occhi e spessori su cui formarsi, e altro non può che divampare nel chiuso di una scatola buia, di osso e cartone, finché non ne strina la carne, seviziandola: quella carne viziata, da silenziosa accidia, che gli impedisce l’incontro con un corpo capace di sanarlo, di dargli un tempo che non sia insensato.

Ouroboros

Ouroboros. Essere. Tempo che scorre. Ricominciamo daccapo. Tutto passa. Sempre la stessa storia. Soliti peccati. Esistere. Non morirai mai. Di nuovo. Bianco e nero. Cambieremo. Tutto uno. Tu e Io. Le cose che accadono e le persone intorno. Eccoti.